L’UNGHERIA, PIEGATA TRA ORBAN E SOROS, RISCOPRE LA PIAZZA DEI LAVORATORI.
Viktor Orban, il premier ungherese nazionalista ha ormai mostrato il suo vero volto.
La legge approvata dal parlamento che innalza a 400 il limite massimo per ore di straordinario lavorato all’anno, rendendolo di fatto obbligatorio, è la sintesi delle politiche di ultradestra del governo ungherese, scaricate sulle spalle dei lavoratori.
La legge approvata dal parlamento che innalza a 400 il limite massimo per ore di straordinario lavorato all’anno, rendendolo di fatto obbligatorio, è la sintesi delle politiche di ultradestra del governo ungherese, scaricate sulle spalle dei lavoratori.
In Ungheria dove la popolarità di Orban è stata costruita sui respingimenti e la fobia della diversità, ora è la volta dei lavoratori nazionali che rischiano di essere ridotti in schiavitù pagando il prezzo amaro delle politiche anti immigrati.
È evidente che lo sfruttamento padronale prima operato sulla manodopera straniera, dopo la stretta di Orban sugli ingressi dei migranti, ha prodotto l’effetto contrario. I lavoratori ungheresi dovranno presto sostituire, con straordinari da paura, il vuoto di manovalanza nell'industria e nell'agricoltura determinato dal calo degli impieghi di forza lavoro
non di provenienza interna.
Dall’altro lato dell’oceano, invece, sale in cattedra il paternalismo neoliberale di un altro ungherese di fama, recentemente premiato dal Financial Times come personaggio dell’anno. George Soros, finanziere dei due mondi prova a comprare il futuro dei giovani ungheresi fondando nuove università nel centro Europa e imbonisce le Ong mostrandosi favorevole ai flussi migratori. È lui pronto sempre a sborsare fiumi di soldi per consolidare l’egemonia culturale capitalista apparentemente distante dal populismo di Orban, ma che in fondo altro non è che il rovescio della stessa medaglia.
Tra la destra neoliberista di Soros e l’ultradestra piccolo-borghese di Orban, l’Ungheria oggi riscopre la protesta popolare di migliaia di lavoratori che sono ritornati in strada ad esprimere seppure ancora timidamente il loro profondo dissenso.
Tante le manifestazioni contro la legge sul lavoro straordinario, un fronte di opposizione largo, identitario e unito, a parte qualche piccola defezione.
Sarà l’inizio, questo, di una terza via europea contrapposta all’offensiva dominante, che vede le parti in gioco oscillare ipocritamente tra il capitalismo euro-buonista e quello nazional-cattivista?
Ci contiamo.
È evidente che lo sfruttamento padronale prima operato sulla manodopera straniera, dopo la stretta di Orban sugli ingressi dei migranti, ha prodotto l’effetto contrario. I lavoratori ungheresi dovranno presto sostituire, con straordinari da paura, il vuoto di manovalanza nell'industria e nell'agricoltura determinato dal calo degli impieghi di forza lavoro
non di provenienza interna.
Dall’altro lato dell’oceano, invece, sale in cattedra il paternalismo neoliberale di un altro ungherese di fama, recentemente premiato dal Financial Times come personaggio dell’anno. George Soros, finanziere dei due mondi prova a comprare il futuro dei giovani ungheresi fondando nuove università nel centro Europa e imbonisce le Ong mostrandosi favorevole ai flussi migratori. È lui pronto sempre a sborsare fiumi di soldi per consolidare l’egemonia culturale capitalista apparentemente distante dal populismo di Orban, ma che in fondo altro non è che il rovescio della stessa medaglia.
Tra la destra neoliberista di Soros e l’ultradestra piccolo-borghese di Orban, l’Ungheria oggi riscopre la protesta popolare di migliaia di lavoratori che sono ritornati in strada ad esprimere seppure ancora timidamente il loro profondo dissenso.
Tante le manifestazioni contro la legge sul lavoro straordinario, un fronte di opposizione largo, identitario e unito, a parte qualche piccola defezione.
Sarà l’inizio, questo, di una terza via europea contrapposta all’offensiva dominante, che vede le parti in gioco oscillare ipocritamente tra il capitalismo euro-buonista e quello nazional-cattivista?
Ci contiamo.
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