ZINGABBONDIO, RENZI E IL "CONTE" RODRIGO
Di Michele Tripodi. “Il matrimonio s’ha da fare”, questo l’epilogo della crisi di Ferragosto secondo lo Zingaretti pensiero. Il segretario del Partito Democratico che dopo l’uscita di scena di Salvini aveva auspicato le urne, salvo poco dopo ripensarci, non potrebbe che interpretare un Don Abbondio al contrario, in una versione dei Promessi Sposi riscritta dalle giravolte di una classe dirigente italiana carente di idee e di coerenza.
E fu così che Zingabbondio autorizzò Renzi a contrarre un matrimonio con Don Rodrigo, il Conte (Rodrigo) Giuseppe, già premier di un governo tanto criticato e sconfessato dallo stesso Pd.
Un matrimonio combinato, altro che Promessi Sposi, protagonisti il Pd e i Cinque stelle i quali fino a ieri non avrebbero osato pensare di allearsi. Ed invece è andata proprio così, è stato celebrato un matrimonio di comodo e di interessi. Per salvare cosa poi? Il potere? La poltrona? O la faccia?
Ogni matrimonio d’interesse, ai tempi d’oggi, non può aver vita lunga. Quando mancano amore e passione politica, ma soprattutto ideali e dignità, succede che in men che non si dica il tempo disvela i retroscena più oscuri.
La scissione di Renzi dal PD, la pattuglia di deputati e senatori che consente ad Italia Viva, il movimento da lui fondato, di essere l’ago della bilancia del nuovo Governo Conte, è il risultato politico peggiore che Zingabbondio poteva ottenere.
Ma soprattutto la paura delle elezioni per timore dell’avanzata a destra, alla luce dei fatti, riporta verso destra, con la nuova formazione Italia Viva che litiga per occupare i posti centrali dell’emiciclo, il baricentro dell’Esecutivo.
La furbata di Renzi non ha colto di sorpresa nessuno, solo lo Zingabbondio che pure all’inizio sembrava poter reggere al ricatto del vecchio “promesso” sposo, in una sola maniera: affrontando le elezioni anticipate.
Non è successo. Ed ecco che Renzi ha avuto il tempo e la lucida malafede di ritornare protagonista in punta di piedi, ed oggi può facilmente presentare il conto sulla manovra finanziaria. E non finisce qua.
E’ stata persa una grande occasione e lo Zingabbondio forse ora lo ha capito, con un Pd in calo nei sondaggi ed un M5stelle ormai in caduta libera di consensi e dilaniato dalle fazioni al proprio interno.
Se si fosse votato, il PD non avrebbe certamente vinto, ma di certo avrebbe potuto recuperare credibilità a sinistra anche dinanzi a possibili nuovi alleati a cui il salvinismo è stato e rimane indigesto.
Piuttosto che spostare l’asse della futura coalizione verso sinistra e parlare al popolo ed ai lavoratori, ancora una volta il Pd ha preferito una lenta virata verso destra in luogo di uno shock elettorale che forse non sarebbe stato così amaro come a breve lo saranno per Zingabbondio, Conte e tutti i grillini, gli appuntamenti futuri a cominciare dalle prossime elezioni regionali umbre.
Ultimi da Redazione
Redazione
SEGUI I NOSTRI ARTICOLI!