LA FAGLIA DELLO STRETTO PIENA DI RIFIUTI. ECOMAFIE, TERRE E MARI AVVELENATI
Di Michele Tripodi. Aveva 22 chili di plastica ed un feto morto in pancia la piccola balena ritrovata sulla spiaggia di Arzachena, comune in provincia di Sassari e località turistica e balneare di una delle più belle coste d’Italia. Chissà se l’ennesima vittima dell’inquinamento marino sia passata prima sotto lo stretto di Messina, dove in superficie tra la mitologia di Scilla e Cariddi si snoda uno dei più belli scorci di paesaggio.
Con la coda dell’occhio sulle isole Eolie puntando dalla Costa Viola del versante calabrese, via Giardini Naxos e Taormina, sino ad arrivare alle pendici dell’Etna, è meraviglioso adagiare lo sguardo sulla natura ed ammirare i suoi silenziosi e favolosi luoghi.
È permesso solo agli umani e agli animali terrestri, non ai pesci, provare certe sensazioni.
Il povero capodoglio tutto questo non avrebbe potuto vederlo, neanche da vivo.
In fondo al mare tra Calabria e Sicilia, sui fondali dello stretto di Messina gli scienziati del Cnr, impegnati nella redazione della Carta geologica, hanno rinvenuto a 500 mt di profondità una discarica di rifiuti enorme.
È probabile che la faglia sottomarina che attraversa lo stretto ne sia piena, con rifiuti di ogni tipo e di ogni provenienza, trascinati in mare dai fiumi.
Ben oltre i 22 chili di plastica inghiottiti dal capodoglio che sfortunatamente sarà transitato, se non da lì, per qualche altra discarica sottomarina o per qualche nave radioattiva affondata a largo del Mediterraneo e non solo. Del resto i tonnetti al mercurio non sono poi così lontani dalla fantascienza.
La realtà ci dice che le ecomafie hanno avvelenato indisturbate per anni i mari e i paesaggi stupendi che ci circondano.
Non è un caso che nei giorni scorsi la DDA di Reggio Calabria abbia riaperto il caso dell’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, ucciso proprio sulla collina di Campo Calabro, quella da dove Fata Morgana rende a momenti più vicina la città di Messina.
Quell’omicidio, consumato tra i silenzi non della natura ma dell’uomo omertoso e complice, lo stesso che inquina la società e l’ambiente, fu la sintesi di un patto criminale tra ndrangheta e cosa nostra.
Affari e morte. Già perché il traffico e lo smaltimento illegale di rifiuti, fenomeno diffusissimo ed inarrestabile in ogni angolo del Mezzogiorno dove ancora le mafie controllano il territorio, marino e terrestre, sono l’equivalente di soldi facili in cambio di morte anticipata per migliaia, milioni, miliardi di persone che popolano il pianeta e si ammalano prima del tempo.
Le statistiche ci presentano uno scenario strettamente connesso tra insorgenza di patologie ed inquinamento ambientale per mare e per terra.
Si parla inoltre di otto milioni di tonnellate di plastica riversate ogni anno negli oceani attraverso i fiumi. Sinora ci avevano fatto vedere le montagne galleggianti di rifiuti nel mare dei Caraibi, facendoci disgustare alla sola vista, oggi la notizia della discarica sottomarina in fondo allo stretto di Messina deve allarmare e fare interrogare l’Italia.
È necessario subito capire cosa e come un tale disastro sia potuto accadere lontano da sguardi indiscreti e come bisogna intervenire. Al governo italiano spetta il compito di attivarsi subito affinché questa ennesima tragedia della natura non finisca nel dimenticatoio.
*Michele Tripodi – Sindaco di Polistena
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