MARIELLE AVREBBE COMPIUTO 40 ANNI
Di Nelly Creazzo. Marielle Franco aveva un sorriso che non si può dimenticare, uno di quei sorrisi contagiosi che riescono a rendere luminose anche le giornate più grigie. La consigliera comunale di Rio de Janeiro, femminista e attivista per i diritti umani, fu uccisa insieme al suo autista Anderson Gomes il 14 marzo 2018, a soli 18 mesi dalla sua elezione al Consiglio comunale. Non un omicidio qualsiasi, bensì un vero e proprio agguato, studiato e preparato con cura.
Gli assassini di Marielle Franco e Anderson Gomes, arrestati qualche mese fa a Rio de Janeiro, sono infatti due ex agenti della polizia militare, ovvero il sergente in pensione Ronnie Lessa, accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio, e l'agente Helio Vieira de Queiroz, probabilmente l'autista del commando. Uomini dello Stato dunque, che di norma dovrebbero proteggere i cittadini, non ammazzarli. Particolare curioso, Ronnie Lessa viveva nello stesso condominio del presidente Jair Bolsonaro, a Barra de Tijuca, nella zona sud di Rio. Solo una coincidenza? Chissà. Fatto sta che da anni Marielle Franco denunciava le violenze e gli abusi commessi dalla polizia nelle favelas di Rio. Pochi giorni prima di essere uccisa, si era pubblicamente schierata contro l’intervento in una favela del 41° battaglione della polizia militare, il più violento della città. E fatto sta che la figlia di Ronnie Lessa frequentava uno dei figli di Bolsonaro, mentre Vieira de Queiroz (l’altro agente coinvolto nel delitto) appare in una foto in compagnia di Bolsonaro.
Ieri Marielle Franco avrebbe compiuto 40 anni. Ma chi era Marielle?
Marielle Francisco da Silva era nata il 27 luglio del 1979 in una popolosa favela di Rio de Janeiro, Maré, dove trascorse la maggior parte della sua breve esistenza. Né l’estrema precarietà della vita nella favela, né la maternità a soli diciannove anni le avevano impedito di studiare: era riuscita, anzi, a laurearsi in Scienze sociali presso la Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro e a specializzarsi, successivamente, in responsabilità sociale e settore terziario. In seguito aveva persino conseguito un master in pubblica amministrazione, con un’analisi della politica di pubblica sicurezza nello stato di Rio de Janeiro. Quest’ultimo era in effetti un argomento che stava molto a cuore a Marielle, dal momento che la vita nella favela è sempre appesa ad un filo: è nella favela, infatti, che una sua amica aveva perso la vita, uccisa da un proiettile vagante. E con ogni probabilità era stato proprio quell’episodio a far maturare in Marielle la convinzione di diventare un’attivista per i diritti umani, ad interessarsi della condizione femminile nelle favelas e a battersi per il riconoscimento dei diritti delle donne. Sì, perché Marielle era un donna coraggiosa, che fino al giorno della sua morte si era battuta contro i pregiudizi sociali, respingendo e denunciando ogni forma di discriminazione. Solo il giorno prima del suo assassinio, riferendosi all’uccisione di un giovane assistente del parroco di una chiesa evangelica, ucciso dalla polizia militare nel quartiere di Manguinhos, aveva scritto: “Quante altre persone dovranno morire prima che questa guerra finisca?”.
Nel 2017 Marielle Franco aveva preso parte ad un documentario per la televisione dal titolo Primavera das Mulheres, (Primavera delle donne), in cui si affrontava il tema del nuovo femminismo attraverso interviste e conversazioni con attiviste, blogger, transgender e donne di colore. Il documentario affrontava vari temi, dalla condanna della cultura dello stupro e del razzismo, alla difesa dei diritti civili, tra cui il diritto all’aborto, quello per un equo trattamento tra uomini e donne sul posto di lavoro e ai diritti delle persone LGBT. E proprio il 14 marzo del 2018, giorno del suo brutale assassinio, aveva partecipato a un dibattito presso la Casa das Pretas (Casa delle donne nere) a Lapa, per affrontare il problema della violenza contro le donne afroamericane nelle favelas. Il dibattito era stato promosso dal PSOL (Partito Socialismo e Libertà) che nel 2016 si era alleato con il Partito Comunista Brasiliano, dando vita alla Mudar Coalition, in cui la Franco era stata eletta consigliera comunale di Rio de Janeiro con oltre 46 mila preferenze.
La sua battaglia contro le violazioni dei diritti umani era anche di natura personale, poiché da diversi anni Marielle aveva stretto una relazione sentimentale con Monica Tereza Benicio, che in una lettera, poi pubblicata da una rivista femminile, aveva descritto le difficoltà della loro relazione: "Per anni non abbiamo potuto vivere la nostra vita in libertà. Temevamo i pregiudizi sociali, temevamo la reazione dei nostri amici e delle nostre famiglie, temevamo soprattutto la nostra paura. Potevano due donne, nate nelle favelas, vivere insieme? C'erano molte ragioni per restare lontane e solo una ci ha spinte avanti: l'amore. Non potevamo vivere separate l'una dall'altra".
In un comunicato ufficiale, la Procura di Rio sottolinea che l'uccisione di Marielle “è stata pianificata meticolosamente durante i tre mesi precedenti all'attentato” e risulta “incontestabile che Marielle è stata giustiziata in modo sommario a causa delle sue attività politiche”, per cui il suo omicidio costituisce “un colpo contro lo Stato democratico di diritto”.
Il Brasile che lascia Marielle Franco è uno Stato in cui la paura e il bisogno di sicurezza sono stati determinanti nell’elezione di Jair Bolsonaro a Presidente della Repubblica, elezione avvenuta a pochi mesi di distanza dall’assassinio dell’attivista. L’omicidio della Franco ha indignato l’opinione pubblica di tutto il mondo, per l’efferatezza e la spregiudicatezza con cui è avvenuto. Tuttavia, gli assassini non sono riusciti ad uccidere le idee dell’attivista, che continuano a vivere grazie all’impegno della sua compagna di vita e di lotta: Monica Benicio ha infatti raccolto il testimone di Marielle e ne sta portando avanti l’eredità politica, che è diventata il riferimento della resistenza contro il governo Bolsonaro.
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