LA SINISTRA HA BISOGNO DI RICOSTRUIRE UN PRIMATO NELLA SOCIETÀ. LA CAUSA DELLE SCONFITTE NON SONO LE LEGGI ELETTORALI.
Di Michele Tripodi. L’esito delle elezioni regionali era scontato. Una battaglia persa prima di essere combattuta con spaccature che hanno portato alla frantumazione del fronte “Resto del mondo”, diviso più che mai, in grado di riconsegnare la Regione al governo delle peggiori destre. L’ingresso in Consiglio regionale di un partito come la Lega, nemico giurato del Mezzogiorno, seppure edulcorato nelle sue fila dalle presenze riciclate di scopellitiani e forzisti della prima ora, é comunque una circostanza molto grave che deve far preoccupare la Calabria e i calabresi.
Nella compagine “Resto del Mondo”, tra Callipo, Aiello e Tansi, si registra l’assenza pressoché totale delle forze di sinistra, progressiste, comuniste e identitarie, quelle che sarebbero dovute ripartire dai bisogni della gente e non inseguire la poltrona ad ogni costo. La coalizione di Pippo Callipo non avrebbe mai potuto interpretare a fondo un impegno politico e programmatico in discontinuità che portasse in consiglio regionale le istanze dei più deboli o del rinnovamento, stretta, come si è trovata da subito, dentro lo scontro di potere tutto interno al Partito Democratico che inoltre veniva da cinque anni di malgoverno regionale. Non poteva essere da meno la coalizione capitanata da Aiello, sgonfiato dall’incoerenza del M5stelle. Non si può stare dentro un governo a Roma e poi sui territori fare altro, o peggio pensando di barattare un diritto sacrosanto come il reddito di cittadinanza con i voti della gente che bisogna ottenere in maniere più consone e democratiche. Non avrebbe potuto aver miglior fortuna, infine, la coalizione di Carlo Tansi, che furbescamente ha cercato di raccogliere consensi nel partito degli astensionisti fotocopiando lo stesso linguaggio del primo Movimento cinquestelle, ormai anche esso datato, in nome di un civismo trasversale contro il vecchio ceto politico che però in diversi territori, sotto sotto, ha mosso le fila proprio di Tansi allontanandolo dalla meta del Consiglio regionale.
Per arrivare a rappresentare gli ultimi della Calabria, i disoccupati in cerca di lavoro, i cittadini senza casa e gli immigrati senza dimora, gli ammalati senza soldi alla disperata ricerca di un posto letto nei nostri ospedali, la sinistra avrebbe dovuto semplicemente essere sinistra ogni giorno e non reinventandosi o confondendosi dietro altre etichette poco prima delle elezioni. Ecco perché la piattaforma Berlinguer si è tirata fuori dal pantano del 26 gennaio che ha segnato ancora una volta un arretramento per tutta la politica calabrese e la Calabria. Piuttosto che prendersela con le leggi elettorali, che seppure assumano in Italia e nelle Regioni, connotati sempre più antidemocratici, bisogna che la sinistra recuperi la propria identità, ricostruendo relazioni e idee, parlando al popolo con un linguaggio umile, coerente, credibile e soprattutto costante.
Ora si tratta di ricostruire tutto e non da zero, ma da sottozero, perché prima di ripartire occorre lasciare fuori da ogni proposito di ricostruzione coloro i quali hanno polverizzato per i loro interessi, con le loro scelte divisive e i loro comportamenti autoconservativi, qualunque progetto di cambiamento della società.
Serve un nuovo impegno che riparta, appunto dagli ultimi e dai giovani riportando in politica un messaggio fresco, spontaneo, coraggioso, capace di restituire alla sinistra un primato nella società prima che nelle istituzioni, riprendendo per mano chi, più degli altri, ha disertato questa campagna elettorale regionale: il popolo.
Un’occasione sarà la campagna per il NO in vista del referendum del 29 marzo che vorrebbe scippare alla Calabria un numero di circa 13 parlamentari su 32, facendo perdere spazi di democrazia, partecipazione e peso politico ad una regione già troppe volte discriminata e pure dimenticata dall’Italia.
Senza rappresentanza, senza una sinistra realmente popolare, la politica e, in questo caso, la politica calabrese rimarrebbero orfane, relegate piuttosto ad un hobby per ricchi, non più in grado di essere interpretate come una libera missione alla portata di tutti ed al servizio degli altri.
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